mercoledì 31 luglio 2013

La mia intervista su "Scritturati", a cura di Vincenzo Manfregola

INCONTRO CON OLIVIERO ANGELO FUINA 
a cura di Vincenzo Monfregola


Sono felice di ritrovarmi nel nostro salotto letterario con una persona dai profondi principi morali, lo si percepisce dalle piccole attenzioni cui mette nelle parole, verseggia di delicatezza e cuore, siamo con Oliviero Angelo Fuina.
Rompiamo subito il ghiaccio con lui raccontando un po il percorso che lo ha portato fin qua.

" Oliviero Angelo Fuina nasce occasionalmente in quel di Neuchâtel (Svizzera) nell’Agosto del 1962 da italianissima famiglia. Da sempre ristoratore, come da tradizione familiare, trova soddisfazione personale in ciò che la parola può portare in dote comunicativa. Lettore compulsivo fin da bambino, trova quasi subito naturale sfogo emotivo nella scrittura personale, nonostante il frequentare – imposto – di corsi professionali alberghieri e Istituti Tecnici Commerciali. Solo nel 2005 trova l’incosciente coraggio di proporre le sue composizioni poetiche in siti pubblici virtuali e tutto sommato non ne esce con le ossa rotte. In quel periodo prova anche a dare parole a racconti brevi che gli si dettano e scopre che quello che desidera raccontare riesce a farlo in maniera abbastanza intelligibile".

Ed è proprio da qui che voglio iniziare Oliviero, cosa accadde quando prendesti consapevolezza di voler scrivere, sentivi sin da subito che il tuo doveva essere un "poetare"?
Più che un volere è stata da subito una necessità, quella di scrivere tutto ciò che rappresentava, di volta in volta, un  mio mondo segreto e privato  da voler mostrare. Un mondo che diversamente non avrebbe trovato appropriato sfogo catartico. Come molti penso di aver iniziato, per ciò che concerne  uno scrivere continuativo e costante,  con il classico diario personale nel gennaio del 1976, a quasi 14 anni, e l’ho tenuto aggiornato quotidianamente fino ai primi mesi del 1981. Riguardo al poetare ho subìto presto la fascinazione del dire alto e profondo in sintesi sorprendenti e immaginifiche. Ovviamente mi riferisco al dire di conclamati poeti che ho avuto la fortuna d’incontrare nel mio compulsivo fagocitare parole scritte. Da qui a provare ad emulare stili poetici per esternare complessità interiori è stato un camminare progressivo, fino al trovare il mio ritmo, la mia musica esistenziale,  per poter mostrare, soprattutto a me stesso, angoli del mio percepire più nascosti che potevano palesarsi nell’emozione generatrice, trascendendo l’accadimento stesso.

Singolare il tuo esordio con "Poesie in cuffia" nel 2007, vuoi raccontarci questa scelta?
“Poesie in cuffia” iniziano per caso, anche se ritengo che nulla avviene, mai, per caso. Nascono in una prima suggestione d’ascolto su un brano dei Dire Straits, “Private investigation”. Una prima di molte altre suggestioni d’ascolto fermate su carta successivamente. La seconda fu “Shine on you crazy diamond” degli amati Pink Floyd. Fu soprattutto questa seconda suggestione decodificata in quartine endecasillabe che mi diede l’idea di costruire una silloge basata su un mio personale percorso esistenziale  accostato di volta in volta a canzoni che di fatto erano state la colonna sonora della mia vita. La musica è imprescindibile da ogni mio quotidiano. Ad ogni brano per me significativo ho voluto accostare un mio ascolto che si attenesse alla musicalità stessa-  e la richiamasse-, e alle emozioni e stati d’animo che i brani stessi facevano riemergere al mio ascolto. 
Citando la quarta di copertina della silloge stessa, niente di più facile, scivolando fra accordi di parole, ammiccare complici ai Pink Floyd, passeggiare sottobraccio ai Dire Straits, sognare con Whitney Houston e Annie Lennox, sorridere amaramente con Neil Young e ribellarsi con gli ACDC, passando per la scala verso l’infinito dei Led Zeppelin. Tanto per citarne qualcuna. E in tutte un dolore sommesso e il rimpianto per un amore, per un tempo tiranno e per i mille se stessi irrealizzati. Questa raccolta scivola lungo le tracce di ricordi collettivi, legati ai brani, e personali, in un concerto poetico che tocca le corde più nascoste del cuore. Come avrai capito, pur essendo una raccolta forse stilisticamente immatura, è quella che ancora oggi, fra le tante pubblicate, la trovo maggiormente rappresentativa del mio voler decodificare emozioni ancora non imbrigliate. Quella che ancora mi fa sorridere con nostalgica emozione del me stesso che allora ero in grado di essere, limitazioni comprese.

Inizi a proporti in qualità di autore nel 2011, finalmente spolveri quanto accumulato nel tempo e decidi di pubblicare … cos'è successo da portarti a "svestire" quanto i versi di intimità raccontano? Quali le tue sensazioni quando ti ritrovi la tua prima raccolta di poesie tra le mani?
È successo che scopro occasionalmente un sito per le auto pubblicazioni di facile utilizzo e di elevata convenienza economica. E lo scopro dopo quasi sette anni di poesie accumulate nel mitico e impolverato cassetto di ogni autore. Poesie, tantissime, che non avevano ancora trovato pubblica visibilità se non nelle numerose pagine virtuali di Blog e siti che frequentavo per condividermi e confrontarmi. Luoghi virtuali che però fondamentalmente servivano per autocelebrarsi e in vetrine di pubblica lettura fini a se stesse. Ero arrivato ad un punto che provavo quasi fastidio a scrivere dell’altro sapendo del molto che aspettava di rinascere a sguardi diversi dal mio. 
Fu così che in un’operazione di marketing “suicida” decisi di dare alla stampa, in pochi mesi, ben sei raccolte poetiche diverse, consapevole di “bruciarle” commercialmente ma felice di poter finalmente dare davvero alla luce parti scritte di me che potevano finalmente essere di tutti. Un susseguirsi di pubblicazioni per me altamente catartico che mi ha restituito spazi vuoti da poter riempire ancora di parole. Nascono così pubblicamente: “Scampoli e Assenze”, “Cieli di carta”, “Vocali in apnea – poesie erotiche”, “Lido Venere – conchiglie all’anima”, “Blocco Note” e “Titoli di coda”. Tutti attualmente acquistabili su “ilmiolibro.it”.
Nello stesso anno, comunque, mi libero il cassetto, pubblicando tutto, anche  di una raccolta di racconti brevi (“Corti-Circuito”), di un romanzo “improbabile” – scritto vent’anni prima - che gioca con il senso stesso delle parole (“C’è tempo e tempo”) e di una raccolta di microcosmi di pensieri in un dire alternativo e parallelo (“Mah!”), sempre partorito vent’anni prima, così come dei racconti autobiografici della mia infanzia (“Bambini del Lario – Racconti del Mattino”).
Mettere in circolo tutto questo ha sicuramente rinnovato in me la linfa più pertinente a rispogliarmi con altre e nuove parole. 
L’anno prima, comunque, la mia amica scrittrice Maria Capone (Adrena) aveva auto-pubblicato un romanzo che avevamo scritto insieme  a quattro mani nel 2006 e che era arrivato finalista al “Premio Internazionale Jackes Prévèrt 2006”  (“Il bacio di vetro”).
Per ciò che riguarda invece la mia prima raccolta di poesie finalmente in cartaceo tra le mie mani, torniamo ancora alla silloge “Poesie in cuffia”. E le sensazioni le ricordo ancora quasi inesprimibili, in un misto di orgoglio, timore, eccitamento e pudore. Felice di aver lasciato una traccia di me che potesse eventualmente sopravvivermi. Ma si sa, i poeti, come i bambini seduti, non hanno mai i piedi per terra!



Oliviero nasce in Svizzera, ho letto "occasionalmente", in che senso? Ci sei più tornato in Neuchâtel?
“Occasionalmente” nel senso che i miei genitori si trovavano in terra elvetica per una momentanea scelta lavorativa di vita. Mio padre era Chef di cucina all’Hotel de la Gare di Neuchâtel e mia madre l’aveva seguito in questa sua esperienza all’estero. Questo mi è sempre stato pretesto per affermare,  con la mia autoironia che amo coltivare – come si evince anche da quello stralcio di autografia che hai riportato all’inizio-, di essere “extracomunitario” di nascita. A Neuchâtel ci sono ritornato nell’Agosto del 1995, con mia moglie, sposata l’anno prima, anche per ritrovare memorie e aneddoti della vita di mio padre e per conoscerlo meglio attraverso le parole di chi l’aveva conosciuto e rivedere luoghi ricorrenti nei racconti, per me esotici, della mia famiglia.  


Hai frequentato corsi professionali alberghieri e Istituti Tecnici Commerciali, nel momento in cui hai scoperto la tua passione per la scrittura, ti stavano strette come "scelte"?
Per dirla tutta, non sono mai state “scelte”. Non mie, comunque. La passione per la parola, la mia consapevolezza del suo immenso potere e della sua magia creativa, il fascino dell’eloquenza per poter dire al meglio personali idee e considerazioni, mi è da sempre appartenuta. Avessi avuto potere di scelta avrei scelto studi umanistici ambendo, allora, al mestiere di giornalista o – appunto per il fascino dell’eloquenza –  avvocato. La praticità congenita di mio padre e la sua presunzione al saper scegliere “il meglio” per me hanno fatto sì che mi ritrovassi a compiere strade che mai avrei considerato. Ma la passione non ha bisogno di essere sancita o avallata da “pezzi di carta” ufficiali ed io credo di essere la dimostrazione che se uno vuole qualcosa con passione, nulla può essergli mai precluso. Leggere e studiare autori importanti è stato semplicemente il mio “hobby”, il mio angolino felice di realizzazione. Il potermi cimentare con parole da trovare in me è stata solo una splendida opportunità che chiunque può cogliere se davvero lo desidera.

Ripercorrendo velocemente la tua vita, immagina i momenti più belli come se fossero fotografie scattate per ognuno di essi, quale in particolar modo ricordi?
“Mezzo quintale” di anni già rischiano di non passare così velocemente, allo sguardo della memoria. Non comunque senza disperdere attimi preziosi – sia percepiti belli che brutti – che danno la somma di ciò che attualmente sono. Certamente la fotografia tra le più belle è quella che mi raffigura, emozionatissimo e impacciato, con tra le mani mio figlio appena venuto alla luce e a quel nostro primo contatto che mi ha confermato l’indelebile legame senza tempo che ci univa e ci unisce.



Durante la tua bibliografia c'è più di un romanzo, vuoi parlarcene? E soprattutto in quale c'è più della tua 'vita' o comunque parte del tuo 'essere', parlo di quello autentico, di quello che sei tutti i giorni, di quello che vedi guardandoti allo specchio.
Nella mia bibliografia che già ho avuto modo di elencare nella risposta che ti ho dato a quel mio ripulire il cassetto, nel 2011, manca appunto il romanzo che ha potuto finalmente dettarmisi nel vuoto di un archivio di nuovo pronto ad accogliermi. Scritto nei primi mesi del 2012 e auto-pubblicato subito dopo,  sempre con “ilmiolibro.it”. Parlo de “L’uomo nudo con le mani in tasca”. Una serie di riflessioni personali a fare il punto della mia esistenza, testando discernimenti e consapevolezze conquistate. In sintesi, dunque, riflessioni allo specchio delle mie quotidianità, tra cornici di memoria. Di questo si tratta, nell’assioma a me caro che “Accade sempre ciò che siamo”. Qui svelo anche a me stesso ciò che riesco a comprendere di essere e ciò che essenzialmente sono, mettendomi a nudo in svariate dinamiche e apprendendo  nel giusto tempo di ogni accadimento la relativa maestria e il relativo scambio energetico di ogni evento e di ogni incontro della mia vita che, lo ripeto, mai può accadere per caso e mai senza significati intrinseci, a prescindere dal nostro riuscire a comprenderli o meno.
Questo è il libro in prosa che meglio mi rappresenta, senza facili mediazioni e scappatoie. Qui racconto i miei pensieri più intimi di quel me stesso che allora ero. Dico questo perché tutto è sempre in costante movimento e mutamento e ognuno di noi, quando si sveglia,  è comunque sempre una persona diversa da quella che era andata a dormire la sera prima. È vero che siamo la somma delle nostre esperienze – o di come siamo stati in grado di affrontarle – ma ogni vera esperienza che conta – l’unica possibile – è sempre quella che incontriamo nell’infinito del nostro tempo presente. È in ogni nostro “qui e ora” che possiamo confermarci o rinnovarci. Non l’attimo prima e neppure l’attimo dopo.


"Orme sull'acqua" con ArteMuse Editrice, come, quando e perché nasce?
“Orme sull’acqua” è la mia ultima silloge, la prima che ho il piacere e l’orgoglio di pubblicare con ArteMuse Editrice del Gruppo Editoriale D and M. Permettimi di spendere due parole per ringraziare questo meraviglioso Gruppo Editoriale composto da bellissime persone di elevata professionalità e competenza, che mettono al primo posto l’Autore e in primo piano una serie di Valori basati sulla collaborazione, condivisione, rispetto e totale ascolto indiscriminato ed equo. Un grazie enorme va a Giovanni Fabiano, attento e capace Editore che ha saputo puntare sull’Autore prima che sull’Opera, in una sinestesia creativa che non può che ampliarsi, motivata,   sempre più. Ho desiderio anche di ringraziare Sara che ha curato al meglio l’Editing della mia raccolta poetica, insieme a Francesca; Maria Castaldi per il suo costante esserci professionale per ogni anche più piccola esigenza e Wilson Santinelli per  la splendida fotografia della mia copertina. Vorrei inoltre ricordare Nicoletta Letta, amica e Agente Letterario, augurandomi di rivederla quanto prima al suo posto nel Gruppo D and M, che con inusuali capacità sa occupare a beneficio di tutti i collaboratori e di  noi autori. Ma è tutto il Gruppo Editoriale stesso che si eleva dalla media editoriale per l’alchimia di ottimi valori – creativi, professionali e morali – che ha saputo fondere e racchiudere in sé.
 “Orme sull’acqua” è uscita nella Collana Castalide la cui responsabile è l’autrice e amica Elisabetta Bagli, la quale ringrazio anche per la bellissima prefazione alla silloge che mi ha regalato. 
Questa mia raccolta nasce nei mesi iniziali del  2013 con anche l’inserimento di alcuni miei precedenti inediti e viene pubblicamente alla luce alla fine del mese di Maggio.
Le ottantacinque poesie che compongono questa silloge sono un Viaggio personale a mostrare, in visione soggettiva,  un camminare impalpabile sul fiume della vita, tra onde contraddittorie e paradossali come la Vita stessa è. Un focalizzare il saper comunque nuotare tipico dell’Uomo a dispetto di paure supposte, o figlie di ciechi addomesticamenti.  Assioma ricorrente e portante dell’intera silloge è che la meta è il viaggio stesso. 


Cosa vedi e cosa speri da qui in avanti, e di quale colore vorresti il tuo "tempo"?
Posso sempre e soltanto vedere ciò che il momento presente riesce a offrirmi. La mia speranza è di esserci – o continuare ad esserci – mentre gli accadimenti si susseguiranno, perché qualunque cosa accada conterà soltanto come l’esperienza verrà vissuta e non come potremmo supporre essa sia. Lo ripeto: accade sempre ciò che siamo. Il mio tempo quindi lo vedo esclusivamente con i colori di ogni quotidianità che di volta in volta si paleserà alla mia esperienza di viaggiatore nella Vita.
Se invece intendi obiettivi prevedibili ed auspicati come autore, spero professionalmente di continuare a collaborare con il mio Gruppo Editoriale. Ho già altre due sillogi completate e archiviate nel mio “cassetto” e un paio di romanzi già cominciati e in momentaneo stand-by quasi fisiologico. Vedremo come sapranno dettarsi nei presenti a venire.


Beh siamo arrivati ai saluti caro Oliviero, di solito è nostro costume salutare i lettori con un omaggio dell'autore, tu cosa ci regali?
Prima di tutto voglio ringraziarti per l’opportunità che mi hai donato di poter comunicare qualcosa di me, che ritengo sia sempre un qualcosa di fondamentale per ogni Autore che voglia continuare a mostrarsi attraverso le sue Opere.
Un caro saluto e un luminoso sorriso, inoltre, ad ogni eventuale lettore di queste mie parole ringraziandoli della pazienza e dell’attenzione che mi hanno regalato.

Voglio lasciarvi una poesia tratta dalla mia silloge “Orme sull’acqua”, la stessa che ho avuto modo di leggere nella presentazione della mia raccolta che ho recentemente fatto ai “20 Eventi” di Cartoceto (PU), splendido e riuscito evento letterario che Giovanni Fabiano e l’intero Gruppo Editoriale hanno brillantemente organizzato e curato per dare equa e importante voce ad ogni Autore del  Gruppo stesso.



“Io sono ciò che resta di me”

Io sono ciò che porto con me
quando alla frontiera più lontana
dovrò gettare tutto del mio
che una vita intera non basta.

Dovrò lasciare senza obiezioni
la mia reggia e il cavallo più bello,
ogni titolo di riverenza
che al potere apriva ogni porta:

i sogni che ho vestito mio figlio
e i sofferti miei desideri;
anche il nome perderò al confine
libretto intestato al portatore;

i costosi vestiti firmati
- sarò nudo come all'ingresso -
i pensieri avuti dal mondo
e ciò che per mostrarmi ho comprato.

Posso avere, passando quel varco,
ciò che non avevo nel riflesso
nei miei passi allo specchio di Maia
senza alcun visibile consenso:

il profumo dei fiori sbocciati;
quel tramonto bagnato d'eterno;
gli errori compresi nel cuore
perdonando l'istruita mente;

il sorriso che nasce al risveglio;
la carezza ai dolori del mondo;
muta comprensione d'ogni passo
nell'eco del nulla di me stesso.

Io sono l'amore che ho donato
lustrando le piume del suo volo
senza aspettarmene il ritorno
gioendo d'ogni cielo come il mio.


Io sono ciò che resta di me
quando niente resta che era mio.






"Orme sull'acqua"
Oliviero Angelo Fuina - ArteMuse Editrice

Prefazione a cura di Elisabetta Bagli
La poesia è un’arte nella quale gli odori, i sapori, i gesti e i suoni si amalgamano, spesso, alle note malinconiche dettate dall’esperienza personale del poeta, creando immagini e metafore, attraverso le quali il lettore riesce a penetrare nel suo sentire. In ogni vocazione poetica si evince la lotta quotidiana con le parole, lotta che il poeta affronta quasi eroicamente, affinché queste interpretino esattamente il messaggio che egli vuole trasmettere. 
Oliviero Angelo Fuina, nella silloge poetica “Orme sull’acqua”, con il suo stile poetico inconfondibile, costituito da strofe e versi in metrica, da un lessico limpido, studiato ma accessibile, da immagini vive e vissute, dimostra di avere una completa padronanza della parola nonché un suo dominio tecnico, sciolto e inusuale ai giorni d’oggi. Con la scelta di questo titolo l’intento che vuole perseguire è quello di lasciare delle “orme sull’acqua”, un paradosso, come ha affermato lo stesso poeta nella sua Nota d’autore, ma pienamente aderente. È interessante, infatti, osservare come nelle sue liriche, permane sempre una sensazione di limite, come se si fosse sulle sponde di un fiume, di un mare, di quell’acqua che rappresenta la vita, la sua bellezza, la trasparenza e la fragilità del vivere e, nel contempo, il tumulto e le tempeste, la sua forza nel continuare a scorrere, nonostante i conflitti interiori. La vita descritta dal poeta la si osserva da lontano e la si sente vicina; è una vita che si vuole attraversare lasciando delle “orme”, appunto, invisibili all’occhio nudo, ma indelebili nell’animo umano (Sono orme sull'acqua ciò che porgo/ il saper nuotare mostrato invinto/ forse parole i segni dei miei passi/ nel fermo scorrere all'unico mare.- “Orme sull’acqua”).
Oliviero Angelo Fuina è in permanente dialogo con se stesso, con quanto lo circonda, con la persona amata, con il suo ideale di donna, con la Natura e i ricordi d’infanzia, con i mari che conosce e con quelli che ancora gli rimangono da scoprire. Le tematiche affrontate nella silloge sono di vario genere, ma risultano essere unite dal filo della vita che scorre attraverso la composizione brillante dei suoi versi, che scivolano nelle orecchie e nell’anima come se fossero scritti per una partitura di una rapsodia. Infatti, possiamo ascoltare la musica, a volte drammatica e lenta, altre volte più rapida e dinamica, dettata dalle impressioni del poeta e dalle sensazioni colte con immediatezza ed elaborate dal suo sentire (Anche il niente disegna i suoi frattali/ dentro l'eco di ogni vibrazione/ il pianista poi dissolve se stesso/come acqua nell'onda primordiale/ e nemmeno forse esiste un silenzio/ nel verbo del divino tra i pianeti/ è musica costante che non senti/ creando dimensioni in percepire - “Nel Frastuono di un Totale Tacere”).
La Natura e l’uomo, la nascita e le contraddizioni che per il poeta si bagnano di quell’acqua vitale che tutto muove, che tutto governa (Siamo nati respirando l'acqua/ affogando nell'aria di un pianto/per nuotare la vita in offerta/nell'eterno flusso che va al mare- “Bagnate contraddizioni”).

“Orme sull’acqua” è composta da liriche nelle quali ci sono apparizioni improvvise di paesaggi, ora cupi e densi, ora incantati ed effimeri. Angoli di notte e di giorno vestiti da gentili figure, da visioni, da immagini che sono analisi e ricordi di lacerazioni passate o speranze future emerse dall’acqua affascinante e dolorosa (Giunge di notte il silenzioso incontro/col bianco che apparecchia la mia vista/ nei segni ad incidere ricami/come i tatuaggi di un giorno, per finta - “Nel peso che distoglie gli orizzonti”)
Si avverte spesso un accorato ricordo di episodi di un’infanzia vissuta in punta di piedi, di una tradizione che si attiva nelle memorie e si affina nell’abbandono musicale modulato dal proprio sentire (Ora mille sapori prezzati/ non bastano a saziare la fame/ e ti cerco, madre, dentro un gusto/ che possa ridarmi il tuo calore.- “L’ingrediente segreto”).
Immagini sensibili e sensuali con facilità di inserimenti figurativi in una forma metrica predisposta si riscontrano anche nelle poesie a contenuto amoroso-passionale. La carnalità è un altro elemento materiale e concreto presente nelle sue liriche, sublimato da versi unici. In genere, il concetto di eternità viene separato dalla vena erotica, ma il poeta lo ingloba nelle sfumature del suo sentire insieme ai colori e agli umori della natura, costante presenza nella sua opera (nei flussi di mandorlo in fiore/ è amore che altro non chiede/ offrendo l'eterno in sussulti/ tra petali schiusi a irrorare – “Graffiti di rorido amore”).

La silloge di Oliviero Angelo Fuina è un pellegrinaggio dell’anima in vari punti, quali: l’amore, la notte e il giorno, la madre intesa come donna e terra, punti uniti dall’acqua che è vita. È un raccolto dei frutti maturi dell’uomo che ha passato le stagioni, mutando attraverso le luci e le ombre tipiche dell’esistenza, conferendole saggezza ed esperienza, interpretandola con versi di elevata qualità lirica. Le aggettivazioni sono usate in modo sapiente e funzionale alla creazione di immagini assolutamente libere, sciolte ed eleganti. I suoi versi scorrono tra le parole come acqua limpida, sebbene, a volte, si addensino in invocazioni torbide e forti per poter poi tornare a purificarsi e fluire definitivamente nel mare, in quel mare di vita, che è nel contempo materno e fulcro di amanti. Per tale motivo, è possibile affermare che l’intenzione primitiva del poeta, ovvero quella di far sì che le sue orme, seppur invisibili rimangano impresse sull’acqua della vita, è stata totalmente raggiunta. Colui che leggerà “Orme sull’acqua” ascolterà una rapsodia leggera e sostanziosa, frutto della grande purezza intellettuale e della straordinaria sensibilità che caratterizzano Oliviero Angelo Fuina, un vero poeta dei nostri giorni. 


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