sabato 18 maggio 2013

Padre a perdere


Padre a perdere


Il panico affonda artigli di ghiaccio in tutto il mio corpo. Anche il respiro si dimentica di uscire per un lungo, eterno attimo.
Il tempo di realizzare che mia figlia non è più seduta sull’autobus accanto a me.
Indossando la stretta maschera dell’angoscia mi guardo intorno, nel mezzo pubblico affollato, senza vederla: eppure dovrebbe essere ancora a bordo visto che il conducente non ha effettuato fermate dall’ultima volta che il mio sguardo, allora distratto, ha accarezzato la sua bionda coda di cavallo, mentre lei osservava palazzi scorrere come una pellicola dai finestrini del pullman.
Irrazionale, il pensiero che possa essere semplicemente scomparsa prende inquietante e concreta forma: come può infatti essersi semplicemente alzata dal suo posto, vicino al finestrino, senza avermi scavalcato anche solo per accedere al corridoio dell’autobus?
Riuscendo ancora a sentirmi ridicolo nonostante il dilagante terrore comincio a chiamarla ad alta voce sperando di sentire la sua vocina in risposta. Niente.
Gradualmente tutti i passeggeri dell’autobus ammutoliscono di fronte al mio tono sempre più urgente e crescente nel chiamare il suo nome.
Leggo nei loro sguardi alieni diffidenza e un’ombra di accusa.
Allarmatosi, anche il conducente ha fermato l’autobus, accostando nella via principale della città, confuso per le mie grida per lui non ancora decifrabili.
Giro come impazzito fra corpi ostili pigiati l’uno contro l’altro nello stretto corridoio, roteando sguardi e spostando impaziente, con foga, ostacoli umani dentro la gabbia di lamiera gialla quando, raggio di sole nel buio, vedo fuori dal finestrino i suoi biondi capelli nel cromatico contrasto sopra il suo cappottino rosso,svoltare l’angolo nel marciapiede qualche centinaio di metri indietro.
E’ un attimo, una fugace visione, ma so di non sbagliarmi.
Non mi faccio domande problematiche, chiedo solo con urgenza (lo grido, in effetti) al conducente dell’autobus di aprirmi quell’accidenti di porta per fiondarmi sul marciapiede e raggiungerla.
Svolto l’angolo e non la vedo. La chiamo ad alta voce. Tutto sta girando intorno a me ma prima che la disperazione mi renda del tutto impotente ecco che sento la sua voce:
Papà! Papà! E finalmente la vedo corrermi incontro come solo una bambina di quasi sette anni sa fare.
-Lo sapevo che saresti venuto a cercarmi! - Mi dice .
E l’abbraccio col cuore che scoppia di felicità e continuo a ripeterle come una magica filastrocca: La mia principessa! La mia principessa!...

Mi sveglio nel pieno della notte con il cuore che batte ancora  a mille. Cerco con tutto me stesso di aggrapparmi a questa onirica felicità ma la tristezza non tarda ad affiorare.
È più di un mese che non vedo la mia bambina. Anzi, la tristezza si amplifica nella consapevolezza che forse quando sentirà la mia voce non correrà così, o non si girerà nemmeno, e dovrò trovare la forza ancora una volta di ricordarle che il babbo si saluta e gli si dà un bacino, specialmente se non lo vedi da tanto; devo farlo io perché purtroppo non c’è nessuno a ricordarle questo.
Lo sconforto mi pervade maggiormente e mi sento emarginato. Non dal mondo ma dalla mia vita.
Quella che desidero la vivo nei sogni mentre quella reale, in questi tre anni di separazione, è piena di vuoto, di Natali da solo senza mia figlia, di vacanze tristi ed interminabili.
Pochi mesi dopo la separazione, con la “prassi” dell’affidamento esclusivo,nonostante lei fosse rea confessa e avesse ammesso il suo tradimento, mia moglie prese anche la palla al balzo per trasferirsi a quasi cinquanta chilometri di distanza da dove abito… da dove abitavamo. E da allora ho sommato tanto di quel tempo in macchina a disagi e fatica, per  cercare di costruire con mia figlia  un rapporto di stima e di educazione in quelle poche ore del Mercoledì.
Sempre più pochi e sempre meno tempo con la mia piccola: negli ultimi sei mesi un solo “week-end” concesso dalla tiranna e questo nonostante io ne abbia chiesto almeno uno al mese e per di più, tra l’altro,  dovendo considerare malattie o feste per le quali il mio Mercoledì pomeriggio salta e slitta inesorabilmente  alla settimana  successiva.
La mia ex, la donna che un tempo ho amato davvero, non ne vuole comunque sapere di lasciarmela per più tempo, anzi, insegna addirittura a mia figlia a chiamare babbo il suo compagno e, senza mai farsi scappare un’occasione, mi insulta al telefono.
Di fronte alle mie richieste, infatti, volutamente composte e stoicamente tenute integre, non rotte da commozione, lei mi riversa contro parole gratuite esigendo anche ringraziamenti per avermi fatto vedere mia figlia se non altro quelle ore e ripete senza soluzione di continuità che quando crescerà vedrà lo schifo che sono e via mal dicendo.
Parole come stillicidio costante, che ti ricordi a memoria come una poesia del Pascoli anche se non vorresti.
Ma tutto questo non fa nemmeno più male: il vero dolore è il vuoto contro natura della mia vita, la recisione quasi programmata del mio rapporto con mia figlia.
Alla faccia di Gardner! mi viene spontaneo pensare.
Sorrido amaramente ricordando gli studi fatti sull’argomento, quando tutte quelle statistiche mi sembravano orrori quasi irreali.
Come potevo immaginare che alcune di queste mostruosità giuridiche  mi avrebbero riguardato personalmente? Pensi sempre ai numeri e mai che ognuno di questi siano anche persone con emozioni violentemente lacerate e che anche tu puoi diventare una di queste persone, una conferma ad asettiche statistiche, un incremento di percentuale sulla casistica presa in esame.
Mi alzo dal letto e in ciabatte vado in cucina per bere un bicchiere d’acqua.
Il silenzio della casa è sempre un frastuono assordante per me, ultimamente. Passo davanti alla sua cameretta e mi affaccio a guardare verso il suo lettino, in un mai sopito riflesso automatico.
Vederlo intatto e vuoto è sempre una pugnalata al cuore, una manciata di sabbia negli occhi.
Perché, mi chiedo, la quasi totalità dei figli viene affidata, sempre e comunque, alle madri anche in caso di manifesta pessima genitorialità?!? Perché sempre a loro anche in caso di esclusiva responsabilità per il fallimento di un rapporto ed il conseguente disfacimento di una famiglia? Perché sempre e sempre alle madri anche quando sono loro a venire meno in alcuni fondamentali valori? Domande alle quali il buonsenso non sa rispondermi.
E’ ovvio, poi, che eventuali rancori verso il coniuge, inevitabili da parte di tali donne, e di certo da parte della mia ex-moglie, le portino ad usare ripicche attraverso i figli, dando inizio al primo passo verso quella Sindrome di Alienazione Giovanile che il buon Gardner, più di quindici anni fa negli USA, aveva già identificato e che è ormai riconosciuta come causa di devianza giovanile in tutta Europa!
Si, a volte piango trovando ancora lacrime insperate ma poi mi ripeto, recitandolo a mo’ di  mantra, che devo essere forte e che la cosa più importante è che la mia bambina possa essere felice e crescere sana, sapendo benissimo che una cosa (questa separazione imposta anche a lei) esclude l’altra.
La nuova legge sull’affidamento congiunto, in questo senso, aiuta davvero, ponendo in parità i due genitori, riconoscendo il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con ambedue i rami parentali.
Belle parole, quando le leggi sopra un foglio!
T’illudi che tutto possa risolversi: basta fare applicare queste direttive ed affidarsi al buon senso dei giudici che certamente, pensi, non possono non tenere conto di ogni caso particolare.
Poi, inesorabilmente, il tuo castello di carte crolla al primo spiffero di rigida ottusità.
Di recente, infatti, ho provato anche a rivolgermi ad avvocati di grido ma, nonostante la nuova legge, mi dicono che i giudici rimangono scettici e tendono a non cambiare vecchie consuetudini e prassi consolidate.
Già. Cosa posso mai aspettami da magistrati che fino a ieri reputavano questo diritto dei minori salvaguardato da due o tre incontri al mese col proprio padre , che magari viveva al piano di sopra?
Potranno mai cambiare mentalità per legge?

Intanto io mi sento sempre più lontano dalla mia vita. Un figlio è dato goderselo soprattutto nella sua crescita ed io mi sto perdendo tutto quanto!
Il sogno di stanotte non è una novità, è un bel po’ che la mia vita scorre più felice nei sogni che nella realtà.
Fino a quando mi potrà bastare?
Torno in camera a passi strascicati, vinto da questo peso insopportabile, al mio letto…ex-matrimoniale.
Apro il cassetto del comodino per prendere un ennesimo tranquillante e il mio sguardo, affascinato e tumultuoso, accarezza l’arma riposta, percorrendo con un fremito la lunghezza della canna brunita. Questa esitazione emotiva dura solo un attimo,solo un po’ più lungo di quello della notte prima e prima ancora,  poi richiudo veloce il cassetto. È uno sforzo che ancora mi riesce di fare.
Si. Per adesso voglio solo tornare a dormire.
Magari faccio un altro bel sogno.

(da: "Corti-Circuito" - Racconti brevi dal filo scoperto -)

2 commenti:

  1. bellissima grazie ..buona sera

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  2. Grazie a te, chiunque tu sia :) E' importante e gratificante per me sapere che alcune emozioni sono riuscite ad offrirle... Buona serata!

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